Concorso internazionale – padiglione temporaneo “Serape Pavilion”

Anno: 2012
♦ Partecipazione al concorso internazionale indetto da Domus e Archivo Diseño y Arquitectura

Un padiglione temporaneo tra tessuto, luce e comunità

“Serape Pavilion” nasce per un concorso internazionale di progettazione di un padiglione temporaneo, promosso da Domus insieme ad Archivo Diseño y Arquitectura in Messico. L’idea di base era quella di lavorare su un’architettura leggera, temporanea, capace di ospitare eventi, incontri, esposizioni, in un rapporto diretto con lo spazio pubblico e con la comunità locale.

La proposta prende come riferimento il serape, il tessuto tradizionale messicano: una coperta/scialle dai colori intensi e dalle geometrie a bande, che diventa ogni giorno parte della vita delle persone. Il tema del concorso – un padiglione effimero – si è intrecciato con questa immagine: un “tessuto” che smette di essere piano e si trasforma in volume abitabile.

“Serape”: dal tessuto al volume

La prima operazione è stata tradurre il linguaggio dei tessuti in architettura. Le bande colorate del serape diventano fasce spaziali: alcuni elementi si flettono per formare la copertura, altri scendono in verticale e si aprono a creare portali, altri ancora definiscono sedute e quinte.

Il padiglione non è un oggetto chiuso, ma una sorta di tappeto sollevato e piegato, che lascia passare la luce e l’aria e crea una soglia tra città e spazio interno. Il colore non è applicato come finitura decorativa, ma deriva direttamente dalla logica del tessuto, trasferita su superfici tridimensionali.

sostenibile, flessibile, modificabile

Sustainable, flexible, changeable

Sostenibile, flessibile, modificabile

Fin dall’inizio il progetto è stato pensato come:

  • sostenibile, grazie all’uso di materiali completamente riciclabili e ad una illuminazione prevalentemente naturale;

  • flessibile, capace di cambiare configurazione interna con poche mosse;

  • modificabile, in grado di passare da un assetto chiuso e protetto a uno completamente permeabile verso l’esterno nel giro di pochi istanti.

All’interno, lo spazio può funzionare come open space continuo oppure essere diviso in tre ambienti tramite tende su binario: la stessa struttura ospita una mostra, una conferenza, un laboratorio o un evento informale, semplicemente lavorando sulle aperture, sulle chiusure e sul sistema di tende.

Colore e luce come materiali di progetto

Uno degli aspetti più interessanti di “Serape Pavilion” è il rapporto tra colore e luce. Il progetto si ispira anche all’uso del colore nell’architettura moderna, dove spesso il colore viene attivato dalla luce naturale: superfici che cambiano intensità durante il giorno, ombre che ridisegnano le facciate, interni che mutano percezione in base all’ora.

Nel padiglione, la trama delle superfici colorate è pensata per dialogare con il sole: in alcune ore le bande risultano quasi piatte, in altre la luce radente mette in risalto i bordi e i cambi di inclinazione. Di notte, l’illuminazione artificiale dall’interno rende il volume una lanterna colorata, riconoscibile da lontano.

Pur non avendo ottenuto un premio, considero questo progetto uno dei passaggi in cui ho iniziato a lavorare in modo più consapevole sul rapporto tra architettura effimera, paesaggio e comunità. Un padiglione così temporaneo obbliga a concentrarsi sull’essenziale: come l’oggetto entra nel contesto, che tipo di spazio crea, come può trasformarsi in base alle attività, che ruolo hanno luce e colore nell’esperienza di chi lo attraversa.

Oggi il mio lavoro è molto più legato a case, interni, ecoquartieri e spazi pubblici stabili, ma il modo di ragionare è simile: cercare sempre un punto di contatto tra linguaggi architettonici contemporanei e riferimenti più radicati – che siano tessuti tradizionali, materiali locali o forme di paesaggio – e progettare strutture che possano adattarsi nel tempo alle esigenze di chi le vive. “Serape Pavilion” rimane nel portfolio proprio come traccia di questo modo di guardare ai progetti, anche quando sono effimeri o concorsuali.