Anno: 2011
Progetto sviluppato all’interno del team di Stefano Boeri Architetti, Milano.
Parte del masterplan da 90.000 mq vinto da Boeri Studio nel contesto del Concorso Internazionale del 2001, l’Edificio A2 di RCS è un fabbricato lungo, che confina con il vicino complesso di via Rizzoli. Il suo volume di 21.500 mq ospita, a partire dalla fine del 2010, gli uffici della Rizzoli Libri.
♦ Concept design
♦ Progetto preliminare
♦ Progetto definitivo
♦ Direzione artistica
In quegli anni lavoravo a Milano, nello studio Stefano Boeri Architetti.
L’Edificio A2 della nuova sede RCS a Crescenzago è stato il progetto che ho seguito più da vicino: dal concept volumetrico alle facciate, fino alle fasi di dettaglio e di cantiere. Ero il riferimento operativo di progetto per questo edificio all’interno del team, in dialogo con il project leader dello studio, con i consulenti e con il cliente.
Per me è stato un banco di prova importante su una scala grande: sede di gruppo editoriale, tempi serrati, molti attori coinvolti. È anche uno dei progetti che più hanno influenzato il mio modo di lavorare oggi, su scale più contenute.
L’Edificio A2 è uno dei corpi principali della nuova sede RCS a nord‐est di Milano. Si affaccia su via Angelo Rizzoli da un lato e definisce, dall’altro, uno dei bordi della grande corte interna del campus.
Il volume è lineare, con una lunghezza importante e un’altezza coordinata al resto del complesso. Il tema di progetto era riuscire a tenere insieme tre livelli:
una presenza urbana chiara verso la strada,
un rapporto più articolato e “poroso” verso la corte,
spessori e profondità adatti a ospitare grandi open space e uffici modulabili per Rizzoli Libri.
L’elemento più riconoscibile dell’edificio è la pelle esterna continua, una facciata modulare in vetro e montanti metallici. La griglia è sempre la stessa, ma cambia il modo in cui i moduli vengono riempiti:
in alcuni campi il vetro è completamente trasparente, e definisce le finestre verticali;
in altri il vetro è opaco e serigrafato a bande bianche e nere, sempre in verticale.
L’alternanza tra parti trasparenti e pannelli serigrafati genera una texture continua che, da lontano, ricorda un codice a barre. Il volume mantiene una forte unità, ma avvicinandosi si leggono le differenze tra pieni e vuoti, tra luce che entra e luce che scorre sulla superficie.
Su questo tema ho lavorato molto all’interno dello studio: proporzioni dei moduli, ritmo delle fasce, passaggio tra il fronte verso la strada e quello verso la corte, raccordo con gli angoli e con il basamento. Ogni variazione di disegno sulla facciata aveva conseguenze dirette su prestazioni, costi e posa in opera, quindi il lavoro è stato un continuo dialogo tra idea architettonica e fattibilità tecnica.
All’interno l’edificio ospita gli uffici di una grande casa editrice. Gli spazi sono organizzati con grandi open space, uffici chiusi e sale riunioni, studiati per rimanere flessibili nel tempo.
Il passo strutturale e la profondità dei piani sono stati calibrati per consentire diverse configurazioni: aree di lavoro aperte, zone di supporto, luoghi di incontro informale affacciati sulla corte. Una parte del mio lavoro è stata proprio seguire questi passaggi tra layout e architettura, verificando che le scelte sugli interni fossero coerenti con la facciata e con le esigenze del committente.
Per il lavoro che svolgo oggi, l’esperienza sulla sede RCS non è tanto un riferimento di scala quanto un modo di guardare ai progetti. Lavorare su un edificio di queste dimensioni mi ha abituato a tenere insieme tre livelli: il rapporto con la città, il disegno della facciata e la vita quotidiana di chi utilizza gli spazi di lavoro.
Lo stesso approccio lo applico ora a case, uffici e piccoli complessi: partire dall’uso reale degli ambienti, costruire una struttura chiara e poi lavorare sui dettagli – luce, materiali, ritmo delle aperture – perché tutto resti leggibile e funzionale nel tempo.
La sede RCS è presente in questo portfolio proprio per questo motivo: è un episodio di una stagione diversa, all’interno di un grande studio internazionale, ma racconta bene un certo modo di intendere il progetto che oggi continua, in forme più misurate e radicate nei luoghi in cui lavoro.
