Anno: 2012
Progetto sviluppato all’interno del team di Stefano Boeri Architetti
La Sala delle Coppe nasce all’interno del progetto per la nuova sede di FC Internazionale Milano, negli spazi adiacenti agli uffici di presidenza e alla sala del consiglio. È un ambiente rappresentativo, pensato per ospitare i trofei più importanti della storia del club: non solo una vetrina, ma un luogo in cui la società si riconosce e si presenta ad ospiti, delegazioni, interlocutori istituzionali.
In quel periodo lavoravo nello studio Stefano Boeri Architetti e ho fatto parte del team che ha seguito l’allestimento. Il lavoro sulla Sala delle Coppe è stato un esercizio di misura: pochi elementi, molto controllati, per lasciare che fossero i trofei – e la luce su di loro – a costruire l’atmosfera.
Lo spazio è concepito come una scatola interamente rivestita di coppe: i trofei sono distribuiti su tutta l’altezza delle pareti, su mensole e supporti che disegnano una sorta di pelle continua, lucida e frammentata. Il visitatore si trova immerso in un anello di oggetti che raccontano decenni di partite, vittorie e finali.
Le superfici di fondo sono volutamente neutre e controllate, perché lo sguardo si concentri sui riflessi del metallo e sui giochi di luce. La stanza diventa così un volume compatto, quasi astratto, che prende vita solo quando le coppe si accendono, letteralmente, attraverso il sistema di illuminazione.
Al centro della stanza c’è un unico oggetto circolare: il tavolo interattivo, sviluppato in collaborazione con lo studio dotdotdot. È un display multitouch retroproiettato, sensibile al tocco, che funziona come archivio digitale della storia del club.
Il visitatore può sfogliare partite, stagioni, competizioni selezionando una coppa sul tavolo. Ogni scelta attiva una risposta immediata nello spazio: la luce della sala cambia e il trofeo corrispondente, collocato sulle pareti, viene evidenziato con maggiore intensità. La stanza non è più un semplice contenitore di oggetti, ma un dispositivo che collega informazione, luce e materia in un unico gesto.
Una parte del lavoro è stata proprio quella di integrare questo sistema interattivo con l’architettura: verificare posizioni, puntamenti, riflessi, passaggi di cablaggi, perché l’effetto finale risultasse naturale e fluido per chi entra.
A distanza di tempo, considero la Sala delle Coppe come uno dei progetti che mi ha fatto capire quanto l’allestimento sia, in fondo, architettura compressa: poche superfici, pochi elementi, ma la stessa attenzione ai percorsi, alle proporzioni e alla luce che si ha in un edificio più grande.
Lavorare su uno spazio così concentrato, con contenuti così forti, mi ha abituato a usare in modo preciso luce, materiali e tecnologia, per costruire un racconto coerente. Oggi questo approccio ritorna nei progetti di interni che seguo per abitazioni, uffici e piccoli spazi espositivi: non si tratta di “mettere oggetti in una stanza”, ma di costruire una sequenza di percezioni, in cui ogni dettaglio – dal fondale al punto luce – ha un ruolo nel modo in cui lo spazio viene vissuto.
La Sala delle Coppe è nel portfolio proprio per questo: è un lavoro sviluppato all’interno di un grande studio internazionale, in un contesto molto specifico, ma racconta un modo di intendere il progetto che ancora oggi riconosco nel mio lavoro quotidiano.
